Poesie scelte

È un protagonista della poesia contemporanea. Nei suoi scritti ha coltivato interessi di critico letterario e filosofo dell’arte, storico e teorico della canzone, filologo classico e pedagogista, Sangiuliano è nato a Roma nel 1942.

Un sasso nell’acqua il tuo riso.
Un’onda infinita
la mia solitudine chiara.

(da Geometria del cuore 1976)

Gli alberi in fila, vecchi come perché
su questo nastro grigio
e più lontano
nel rumore ti cerco,
tra le foglie,
di dietro i vetri rosa della sera.
Si perde il tempo
e mentre il giorno muore
tu sei una cosa viva,
mossa dal vento.

(da Il presente impossibile 1978)

Quel rigido momento della città,
non ancora mattino,
di battiti freschi che ha cose
da iniziare nei vuoti e nei silenzi,
ti avvantaggia sugli uomini:
tra poco
si sveglieranno a vivere il modo che sai,
e allora non ti piace che se ne vada,
col solito pudore, senza avvisare,
benché indifferente la notte.

(da Notizie dall’uomo 1981)

Zampe gialle attrezzate, calli su aia
elastici, beccate a fior di terra
e d’erba, il pollo guarda
da un occhio solo.
Sempre a mestiere, corre a vuotare il cibo
a misura scopofila prontamente
si esprime bene e fa l’uovo.

(da Bestiario ’80)

Il caffè occhitostato, giocoliere
d’oltremare non urta i mobili antichi,
e in più spinge gli studi via via che scende
olimpionico in tazza.

(da Erbario ’81)

La farfalla da morta torna un oggetto
da collezione, proprio come i libri
che son belli anche chiusi e fanno pareti
da tesoro infantile sottoterra
col vetro sopra (i quadri invece diversi
per la logica stretta invariabilmente
sono più soli) e ancora ti meraviglia
quanto breve è la cosa in forma di vita
e perenne in reliquia.

(da Inventario con lessico 1983)

Fai conto vent’anni banana
ancora in tasca e quello ti si perfischia
col fischietto arrabbiato bombardamente
da mane a sera piccoli e podrecca
а domarti felice solo al cesso
di corsa fai di tutto come anche il furbo
senza tempo per piangere che lustra
le scarpe e poi ti supera avendo un sacco
di padre acconcio rotoli come un ramo
tagliato alle paludi stipendiate
della patria scoscesa.

(da Ordine chiuso 1983)

Poiché sicure abbiamo
solo nascita e morte e quel ch’è in mezzo
vita non può chiamarsi se in qualche modo
non s’inventa, da sempre a ciò il poeta
è servito: chissà chi è stato prima,
se lui o il lettore.

(da Ipotesi di lettore 1983)

Non c’è nessun motivo alla poesia,
se non quell’imprecisa differenza
ch’è fra il nulla e la cosa concordemente
prementi sul mistero onde la vita
si cerca un nome, e tutto resta una scusa
perché altro succeda, anche quest’ amore
che pare far giustizia d’ogni storia
per alieno interesse.

(da Teorema fragile con argomenti 1988)

L’amore? È un nome, e te ce spieghi tutto:
er canto de l’ucelli, er monsignore
co’ la nipote a casa, quer bruciore
ch’attacca maschio e femmina e dà frutto…

Me pare più completo ‘sto veleno
che butto fori quanno che me ‘ncazzo
a verso armato, cose de regazzo
che nun sa cresce e ride sempre meno,
ma, un po’ più largo, è sempre er girotonno
der core vivo, abbraccicato ar monno.


(da Il serpente a sonetti 1988)

È virtù dei canti
sciogliere il tempo e ricondurre al centro
di dove si è davvero, come un vento
che urtando i luoghi fischi conformemente
al modo in cui son fatti e poi somigli
solo a se stesso proprio rimescolando
quel moto nelle parti.


(da Ode a Balzani 1992)

Nelle palme riposano i desideri
soddisfatti del tempo, le ricomposte
angosce dei poeti ormai affidate
all’omaggio dei venti, sì che ogni cosa
ritorni in sua virtù tramite emersi
pezzi di paradiso anche altrimenti
fenici alla deriva nel mistero
di una qualche memoria.

(da Palme e altro mondo 1995)

Piove ambigua la vita sui selciati
umani, le paure ravvicinate
a indurire la terra perfrigerata,
con poche primavere o altro modesto
tempo d’anima appena sottinteso
al muto fiele di periferie
quotidiane e imbecilli contraffazioni
d’un possibile amore immobilizzato
in città prostitute.


(da Tre Malumori 2005)

Neppure il respiro è gratuito, un precipitarsi
alla fine è ogni vita infliggendo il segno
del suo solo durare nel desiderio
d’esser altro fin quando la morte estingua
la condanna all’amore.

(da Le ragioni del canto 2008)

L’Olanda ha buccia rossa, le sue mignotte
navigabili e cuffie onde le regine
tengono a bada l’acqua in bicicletta
coi tesori al mulino e le polizie
sempre nuove di zecca.

(da Atlante privato, 2009)

Pitagorica l’arpa suona già al nome
come pochi altri, greca da morire
è graticcio geometrico alle rampanti
colombe delle mani e fa tutt’uno
con la virgo seduta.

(da Studio d’orchestra, 2010)

Amor giammai fu eterno eppur tal sembra
a chi non ne vien fuori e a vuoto vibra
intanto che il respiro in cuor si stempra
e il sangue men risponde in ogni fibra:
per questo ancor mi arrapo alla tua ombra.

(da Emozioni esplicite 2015)

La gente mi esiste comunque
e mi muore intorno,
perdura nel ricordo e più passa il tempo
più mi provoca a dire ma le parole
non ce la fanno a chiedere perdono,
coprissero almeno lo scandalo del cadere
infondato dell’anima, fatta apposta
per esser sempre e invece palesemente
incerta e tanto fragile che si rompe
e ricompone in seno al corpo vivo
per consegnarsi controvoglia al niente
quando questo vien meno, e neppure è giusto
che si dissolva tutta intera in una
coi pensieri del mondo anche dal momento
che non prendono spazio.

(da Il fondo del barile 2020)

La pecora è obbediente, guarda in basso,
non si dissocia e bruca
con discrezione
offrendosi a modello per dar nome
non soltanto al formaggio.


(da Nuovo bestiario 2022)

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